fuori orario

enrico ghezzi
piccole santità (quasi tutto, quasi nulla) di mauro santini

Piccole santità, piccole qualità, o l’uomo senza qualità nè santità… Quasi tutto, quasi nulla, ovvero la maggior parte dell’opera di Santini, ne uso solo il cognome perché davvero il suo è un cinema di santini, di sparpagliamento di ricordi non suoi; trovo che visto così compattamente il suo cinema ci obblighi a superare l’idea facile del frammento (oppure delle pagliuzze di amianto che fanno bene perché proteggono dal fuoco troppo acceso, ma poi fanno malissimo, lo sappiamo), ma non sto dicendo che sia un cinema protettivo, autoprotettivo o peggio autolesionistico (in modo amiantico). No, credo che il cinema di Santini, che proponiamo ossessivamente nella sua lieve ossessività, un’ossessività lieve che sembra lontana a volte dall’intensità che sembriamo favorire in tutti i modi, eppure questo cinema di Santini che sembra timido, che sembra facile, che sembra ripetuto in un gesto minimale, è vicino al punto in cui la colossalità del cinema coincide con la sua minimalità, la vitalità del cinema coincide con la sua mortalità costante. Questa è la lezione, non che si debba trarre, che si può trarre… e comunque va avanti da solo il cinema, quello di Santini come tanti altri, ed è un cinema che incontriamo continuamente poi, dopo averlo visto in questo simulacro, lo incontriamo nella vita quotidiana, anche quando la nostra vita quotidiana è quella di vedere un film di Santini, per esempio, o stanotte vedere quasi tutto quasi nulla di Santini. Allora, non si vuol fare di Santini un eroe, perché lo è già; chiunque ingaggi una sfida al cinema, ingaggi una lotta col cinema, che annulli il tempo del cinema, è di per sé un eroe, è di per sé vicino a quello che il cinema è in maniera così flagrante che ce ne accorgiamo rarissimamente, ovvero al fatto che tutto il cinema è uguale, ma non è uguale perché una cosa vale l’altra, nulla vale forse, o tutto vale, ma perché il cinema è una forma di vita più che una forma d’arte, una forma come una curvatura, un bicchiere immenso di cui non vediamo la fine, trasparenza nella trasparenza, quasi impercettibile, però questo è il cinema. Il cinema è una cosa che unifica tutto il mondo, in un certo senso, cioè lo porta in uno stato unico, che poi se anche il cinema scomparisse, nelle sue sale, nei suoi testi, nei suoi poveri film, nei suoi grandi capolavori, avremmo già toccato il cinema, e chi tocca il cinema muore perché la scossa tra l’altro non la si sente neanche (un po’ come l’amianto), poi dopo venti trenta cinquanta duecento settecento duemila diecimila anni, ci se ne accorgerà che il cinema aveva già vinto… Buona visione.

fuori orario

‘piccole santità (quasi tutto, quasi nulla) di mauro santini’
a cura di roberto turigliatto.
fuori orario / raitre, 28 marzo 2014
(trascrizione dalla presentazione)

 

 


enrico ghezzi
le improbabili possibilità del visibile

Ancora, per le improbabili possibilità del visibile di Mauro Santini, con Un jour à Marseille, São Mamede – Lisboa e Calle de Atocha – Madrid (Giornaliero di città e passanti). Ho perso un po’ di tempo leggendo delle notizie che credo avrete letto già scritte su quello che passa nel sommario della notte, ma mi piacerebbe che passassero come passano a volte le notizie che in televisione strisciano su altre notizie, sui film addirittura, sui programmi di punta, come pubblicità spesso (è pubblicità “sottotitolare” in qualche modo), ma è appassionante quando poi le vedi mute, magari su una talking head, una conduttrice del Tg o altro giornalista a lungo inquadrato… Ma questo non ha a che vedere con Santini perché in realtà in Santini, in quel che mi piacerebbe… che a volte mi diverto a pensare come i santini di Santini, addirittura i fioretti… ma senza ironia, se non l’ironia rosselliniana appunto di Francesco giullare di Dio, con i suoi fioretti e con fioretti non da celebrare ma proprio da riofficiare; non si tratta di una celebrazione ma ogni volta di un rito nuovo, perché sono nuove, sono diverse le immagini. Ora, l’immagine di Santini, i santini di Santini, mostrano in maniera molto semplice ma proprio con un automatismo prezioso, che l’immagine che vediamo appunto non è mai ultima, non perché non abbia la definitività possibile dell’ultimo, ma appunto lui applica l’attesa, il rigore, il silenzio, il silenzio che quindi permette l’accogliersi, l’essere accolto di qualunque minimo rumore; in un certo senso è un bisbiglìo continuo mentale il suo cinema, perché ti chiedi… cerchi di riempirlo mentre è già anche piuttosto denso, no?
Praticamente lo vedi sempre in un quadro… Buona visione!

fuori orario

‘piccole santità (quasi tutto, quasi nulla) di mauro santini’
fuori orario / raitre, 14 febbraio 2012
a cura di roberto turigliatto
(trascrizione dalla presentazione)

 

 


enrico ghezzi
immagini plausibili dell’impossibile

Questa notte che prosegue la tre giorni dedicata a Mauro Santini, si chiama immagini plausibili dell’impossibile; non un titolo altisonante, è plausibile come titolo… l’impossibile è se vogliamo questa ascendenza caproniana (confermatami dallo stesso autore) che tra l’altro in Caproni giunge consapevolmente, reinserendosi nella storia della letteratura e della poesia italiana: amo le rose che non colsi / il bicchiere a cui non ho bevuto / il luogo in cui non sono stato… In effetti la ripetizione caproniana di questo non esserci stato e quindi poterci/doverci essere adesso, di nuovo, ri-dicendo di non esserci, è veramente il primo fantasma che si trova di fronte chiunque faccia cinema.
Questa notte è una notte in cui c’è un inserto ed è l’inserirsi di un cineasta, molto diverso come Corso Salani, nel cinema stesso, nel corpo del cinema stesso di Mauro Santini. I due film sono inseriti in questa notte dopo Flòr da Baixa, il film lisbonese/portoghese di Santini… c’è una sensibilità che è proprio di micrologia portoghese ritornante nella filmografia di Mauro Santini, e di durate diverse, di remake, allungamenti, non solo in questo caso… proprio questo, secondo me, questa libertà, questo andare avanti e indietro nello spazio influendo sulla durata parziale, ancora una volta, è quello che probabilmente ha affascinato Corso Salani, che poi abbiamo scoperto nel finire della sua vita quanto fosse in realtà sempre al centro, non in maniera del tutto egotistica o solamente egotistica, ma sempre al centro di uno spazio di cinema che era intorno a lui: uno spazio di qualche metro o di qualche centinaio di metri o di qualche centinaio di chilometri o di migliaia di chilometri… La sua ultima serie sui territori dislimiti, di confine, della nuova Europa era proprio questo: in ogni punto passa il confine, in ogni punto in cui passa qualcuno che avverte questa possibilità di confine, che avverte la telluricità della più semplice delle situazioni; e quindi ognuno è un enclave, che è una cosa diversa dalla monade che è più riflessiva e racchiudente, mentre l’enclave è già chiusa, cioè parte dallo scoprire di essere chiusa, di essere accerchiata, di averlo forse compiuto lei stessa, in qualche modo, incoscientemente… è in questa incoscienza, in questo dormire, in questo sognare forse prefroidiano, che si pone già il non essere, che poi passerà una vita, la vita dello spirito, a cercare di recuperare, a scoprire dove davvero non era mai stato.
Di Corso Salani vedremo prima Mirna, un film legato al cinema di Santini, e poi uno dei suoi capolavori d’enclave Le vite possibili, un vero e proprio ultimo film, un film di ri/percorso dei propri percorsi, ma dei propri percorsi mentali, perché lo sguardo può sempre trovare qualcosa di nuovo… È quella la ripetizione, la ripetizione del viaggiare, del poter trovare, che è potentemente illusoria, è facile abbandonarvisi…
In uno dei film di Santini che abbiamo visto all’inizio della settimana, c’era la voce di Corso Salani che entrava in un film rimasto incompiuto da parte di Santini: Corso regalò così la sua voce,  con un gesto di generosità ma nello stesso tempo anche di appropriazione, di interesse forte, di insert, di essere la voce di un film non suo e non certo come vice illustrante… veramente un momento abbastanza magico, nel cinema in effetti invece già disparente.
Quando dico immagini plausibili dell’impossibile, è perché questo cinema, questo cinema micrologico di Santini, è un cinema costretto a sparire, non a venire dal nulla, no; a sparire come gesto in qualche modo fondativo… Se conta lo sparire, poi ogni cosa è qualcosa, è qualcosa di decisivo, in qualche modo di folgorante, se riusciamo a seguirne il battito e la frequenza, sempre troppo intenso o troppo corta…

fuori orario

‘piccole santità (quasi tutto, quasi nulla) di mauro santini’
fuori orario / raitre, 13 febbraio 2012
a cura di roberto turigliatto
(trascrizione dalla presentazione)

 

Articoli Recenti